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16 Maggio 2024

Il Premierato? Una torsione della nostra democrazia

premierato
Il Premierato proposto dal Governo Meloni rappresenta una torsione della nostra democrazia….una tendenza al ritenere sufficiente il capo legando per trascinamento una maggioranza parlamentare che indebolisce la rappresentanza e mette ai margini il Parlamento…si rompe il delicato equilibrio tra il potere esecutivo, legislativo e giudiziario, una tendenza che concentra il potere nelle mani di una sola persona indebolendo le principali funzioni del Presidente della Repubblica.
Ne ho parlato in aula!

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Lascio qui il mio intervento in versione testuale

Signora Presidente, ministra Alberti Casellati, colleghi, penso vi rendiate conto che, con questo provvedimento, il Governo e la maggioranza possono compromettere il significato autentico del termine riforme.

In particolare quando lo si usa sulle riforme costituzionali, penso occorrerebbe sempre tener conto dell’interesse generale, dell’esigenza cioè di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle giovani generazioni di sperare di lavorare e di vivere in un futuro migliore.

Tuttavia voi lo state facendo in questo provvedimento solo per truccare un progetto pasticciato, pieno di propaganda e pericoloso, che di giorno in giorno mette la nostra Repubblica almeno su un piano inclinato sul quale rischia di scivolare il delicato equilibrio tra i poteri, che, come lei, signora Presidente, sa molto bene, rappresenta un cardine dei poteri fondamentali inseriti nella nostra Costituzione. Mi chiedo dunque per quali motivi lo facciate e cerco di dare alcune risposte, signora Presidente, nella speranza, anzi nella certezza che poi il ministro Alberti Casellati nelle sue repliche potrà ulteriormente fornirci.

La risposta per noi è chiara. In vista delle elezioni europee, per la gestione del vostro consenso, il Governo non ha risultati concreti da sottoporre al Paese iscrivibili alle azioni e ai provvedimenti della sua maggioranza: 560 giorni di opposizione al passato non sono un grande traguardo. Siete abili nella propaganda e nella comunicazione, ma molto deboli nelle riforme utili e necessarie, quelle che servono al Paese. Sulle questioni salariali avete eluso il dibattito sul salario minimo, pensando di consegnare al mercato, senza riforme, la complessa quanto urgente questione salariale. Le promesse elettorali sulla previdenza sono state completamente cancellate, sacrificate alla logica delle agenzie di rating. La produzione industriale è in calo, non c’è nulla sulla transizione ambientale, digitale e sociale; non c’è nessuna politica industriale degna di questo nome.

Su queste sfide, signora Presidente, dovevamo lavorare in Parlamento, superando le logiche della decretazione che stanno già umiliando ed hanno indebolito da tempo la funzione parlamentare. Signora Presidente, vorrei solo fare un esempio: ormai l’uso della decretazione d’urgenza ha preso il sopravvento, ma anche l’iter di conversione dei decreti-legge del Governo oggi assume ormai caratteristiche insostenibili e indegne di una Repubblica parlamentare. Si converte cioè un decreto-legge, approvando emendamenti del Governo che correggono proposte uscite dal Consiglio dei ministri. Qual è la funzione parlamentare? Siamo già in presenza di un decadimento e dunque della necessità di restituire al Parlamento la centralità che la Costituzione assegna al Parlamento stesso.

Potevamo mettere alle nostre spalle il passato, i diversi tentativi di riforma costituzionale falliti nei passaggi referendari, o addirittura potevamo mettere al passato anche quelli approvati da una maggioranza in sede parlamentare e poi approvati dai cittadini (mi riferisco al Titolo V); potevamo cioè aprire il cantiere delle riforme. Signora Presidente, io dico fermatevi, perché siamo ancora in tempo, perché un ulteriore fallimento rischia di pregiudicare l’essenza stessa della qualità della democrazia. Il coinvolgimento e la relazione tra maggioranza e opposizione, quando si guarda all’interesse generale e al bene comune, dovrebbe essere, prima di tutto per la maggioranza, un indirizzo sul quale lavorare e al quale tendere. Pensate di più al futuro dei nostri figli, pensate alle generazioni e un po’ meno alle elezioni, perché questo sta nell’interesse generale e nell’espressione «riforme costituzionali».

Ci sono enormi disuguaglianze territoriali, si ampliano le forbici del disagio sociale, serve una nuova stagione per aggiornare anche la cooperazione istituzionale tra i diversi livelli di Governo; serve riaggiornare le materie concorrenti. Servivano cioè le riforme utili al Paese, anche per restituire qualità, efficienza, velocità alla pubblica amministrazione. Stiamo parlando della necessità che abbiamo di dare centralità al Parlamento in una repubblica democratica che assegna al Parlamento questa funzione. Fissare gli indirizzi delle riforme utili è l’unica via per qualificare il nostro lavoro e la rappresentanza. Pensate solo alla necessità che abbiamo di riconsegnare all’universalità il sistema sanitario; pensate a qualificare il diritto all’istruzione, pensiamo a ridurre la precarietà e a garantire maggiore sicurezza nel lavoro. Queste erano le riforme utili per il Parlamento e per restituire quella qualità all’azione parlamentare in una relazione positiva e proficua per il futuro delle giovani generazioni e per il Paese.

Voi, invece, avete scelto una strada diversa, che compromette l’equilibrio dei poteri che, come sapete, è un elemento pregiato, delicato, difficile, però irrinunciabile perché l’equilibrio tra il potere esecutivo, legislativo e giudiziario è il cardine, l’essenza della nostra democrazia.

Dico con grande chiarezza che ci accusate anche di aver rinunciato e rifiutato il confronto. Presidente, ci avete messo di fronte ad un prendere o lasciare su un modello plebiscitario che nessuno di noi ha mai pensato e preso in considerazione, né oggi né in passato. Dico con grande franchezza che tale modello plebiscitario è incompatibile con le basi fondamentali della nostra democrazia e della rappresentanza. Tuttavia, quella che considero la cosa più grave, più politicamente complicata e difficile e su cui vi chiedo di ragionare, è che penso che invece l’idea che vi accomuna sia la necessità di lasciare mani libere al capo. Questo vale per quando eleggerete un Presidente di Regione con autonomia differenziata, così come quando penserete di mettere sotto ricatto del capo il Parlamento e la sua maggioranza. Penso che questo, se poi lo mettiamo insieme anche ad un certo tentativo, ad una certa allergia a salvaguardare il principio di autonomia della magistratura come ruolo fondamentale di equilibrio, anziché lavorare per garantire la certezza della pena velocizzando i processi, dica chiaramente che state lavorando per ridurre lo spazio di autonomia e di indipendenza che questo delicato potere potrebbe manifestare e deve manifestare per il funzionamento organico e corretto della nostra democrazia. Insomma, vedo crescere una cultura comune, in questo centrodestra, che può effettivamente compromettere l’equilibrio fondamentale sul quale si appoggiano la nostra democrazia e le nostre regole parlamentari.

È con grande forza, quindi, che vi invito a sgomberare questo dibattito dalle vostre provocazioni, secondo le quali il Parlamento e il Quirinale non vedrebbero intaccate le loro prerogative, perché non è così. Camere a rimorchio del Premier con un sistema giudiziario alle dipendenze dello stesso: è questo il vostro obiettivo di coalizione, con un vincolo, peraltro, a un indirizzo politico congelato per cinque anni. Ditemi voi se questo non è un colpo mortale alla funzione centrale del Parlamento nelle forme e nei termini che la democrazia parlamentare e la Costituzione ci assegnano.

Il Presidente della Repubblica viene peraltro pressoché privato delle sue due principali prerogative, dei due poteri fondamentali, cioè la scelta del Presidente del Consiglio incaricato di formare il Governo e il potere di scioglimento delle Camere, oltre al compito di sovrintendere effettivamente alla gestione della crisi di Governo, quella che pure attualmente esercita con equilibrio e misura: ma come farete a continuare a sostenere l’idea che non sono in discussione le prerogative del Capo dello Stato quando verranno meno le due funzioni fondamentali dello stesso, quelle che hanno consentito a questo Paese di superare i momenti difficili dalle crisi economiche e finanziarie fino alle difficoltà di affrontare emergenze fondamentali? Senza queste prerogative, come farà il Presidente della Repubblica ad essere nelle condizioni di rappresentare l’unità nazionale, l’interesse generale e la credibilità del nostro Paese, non solo in Italia ma anche all’estero? Credo che dobbiamo rimuovere da questo dibattito anche le diverse bugie finalizzate a qualche tweet, secondo le quali questa è una proposta di riforma costituzionale che consegna al popolo la scelta del suo Presidente del Consiglio. Questa legittimazione per voi è un’idea malsana della democrazia. Voi pensate che sia sufficiente chiedere il voto per poi, per cinque anni, congelare qualsiasi tipo di valenza e di rappresentanza nella sede parlamentare. Un voto ogni cinque anni non è un rafforzamento delle prerogative dei cittadini nello scegliere il proprio Presidente del Consiglio, ma è una violazione fondamentale delle regole della rappresentanza, perché la rappresentanza non vive ogni cinque anni, vive in Parlamento nella quotidianità e dunque dobbiamo restituire al Parlamento la centralità che la Costituzione gli assegna. Cambiate strada, lo dobbiamo soprattutto al futuro delle giovani generazioni. Non compromettiamo il significato fondamentale di una stagione necessaria delle riforme, quelle che servono al Paese, non quelle che servono a questa maggioranza per una migliore gestione del potere.

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