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22 Giugno 2023

DL Lavoro: al Governo non interessa la dignità del lavoro

Sono intervenuto in aula nelle dichiarazioni di voto sul dl Lavoro in rappresentanza del gruppo del Partito Democratico, ribadendo che al Governo Meloni non interessa la dignità della persona e del lavoro. In questo mio intervento ho ribadito che il Governo su questo DL sta portando avanti un decreto costruito sulla propaganda e sull’improvvisazione, dimostrando (oltre alla loro incapacità politica) anche un limiti nella tenuta della maggioranza.

Ascoltate il mio intervento.

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Vi lascio anche il mio intervento in versione testuale

Signor Presidente, ministro Calderone, ministro Musumeci, sottosegretario Durigon, colleghi, il decreto-legge che è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 1° maggio, nella giornata della Festa dei lavoratori, nasce da subito con un tasso di improvvisazione e propaganda che a nostro avviso va immediatamente rilevato.

Siete passati, cioè, dall’idea, attraverso selfie e progetti mediatici, finalizzata a comunicare questo decreto come un decreto epocale nel taglio del cuneo fiscale (taglio che invece è semestrale), come un decreto fondamentale di questo Governo.

In realtà, dopo un mese in Commissione affari sociali e lavoro e dopo ieri in Commissione bilancio, avete mostrato limiti addirittura nella tenuta della maggioranza. Si sono aperti problemi politici rilevanti all’interno del Governo. Le assenze di ieri non hanno consentito a questa maggioranza di approvare misure sbagliate: avete addirittura provato ad introdurre all’ultimo, senza nessun voto in Commissione, misure inadeguate ed improprie rispetto alla compatibilità di questo decreto. Avete cioè provato a portare in Aula un milione di euro da destinare alla comunicazione a Palazzo Chigi, tagliando le risorse per la povertà e favorendo precarietà nel mondo del lavoro.

Questi sono problemi politici, non possono essere catalogati solo come disattenzioni, ma sono certamente anche figli di un tasso di improvvisazione eccessivo ed elevato che attraversa questa maggioranza. Tuttavia, io voglio segnalare che siete entrati su un piano inclinato. Cominciate a mostrare, anche all’interno della maggioranza, la prevalenza dei ricatti rispetto alle esigenze reali di questo Paese.

Questo è un punto che noi intendiamo sottolineare, perché la nostra battaglia non finisce oggi, con il voto contrario a questo provvedimento. La trasferiremo nel Paese, perché siamo sicuri che nel Paese le dinamiche economiche e sociali che attraverseranno l’Italia e l’Europa renderanno esplicite che le vostre misure, purtroppo, sottendono ad un disegno individuale, che non produrrà competitività economica, che lascerà il mondo del lavoro e il mondo dell’impresa dentro tassi di maggiore solitudine e di minore competitività. Questo per noi è il punto cardine della nostra iniziativa politica.

Voglio fare due esempi molto semplici, perché noi riteniamo che il sistema di relazioni culturali che attraversa il vostro programma di Governo sia esplicito; che abiti altrove rispetto ai valori fondamentali di cui l’Italia e l’Europa avrebbero oggi bisogno per trasformare l’ansia di tantissimi giovani in opportunità e nuova crescita economica.

Voglio fare solo due riferimenti: il primo è al taglio del cuneo fiscale. Con nostri emendamenti, noi vi abbiamo proposto di impegnare il Governo a renderlo strutturale. Voi avete rinunciato, perché non disponete di nessun progetto per lo sviluppo economico e sociale dell’Italia. Non volete individuare nella lotta all’evasione fiscale un terreno fondamentale per determinare le risorse necessarie per ridurre il costo del lavoro e aumentare i salari.

Questa è la questione cruciale. Non potete comunicare o lisciare il pelo all’evasore per ragioni di consenso e poi non individuare le risorse per aumentare i salari e ridurre il costo del lavoro per le imprese che investono in innovazione e in competitività economica, cioè quelle che scommettono sul futuro del lavoro e del nostro Paese.

Per noi il lavoro è la questione cruciale, dalla quale dobbiamo partire per fare questo ragionamento. Invece, voi avete una propensione a leggere l’impianto costituzionale del nostro Paese in maniera alternata. Voi avete deciso, in campagna elettorale, di mettere in contrapposizione il reddito di cittadinanza con il tema del lavoro.

Come dice giustamente l’articolo 1 della Costituzione, il lavoro è certamente un valore fondante della Repubblica, ma vi è anche l’articolo 4, che afferma il dovere di ogni cittadino di svolgere un’attività ed una funzione che concorrano al progresso materiale o spirituale della società. Non potete dimenticare l’articolo 36 della Costituzione, che afferma che il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare, a sé ed alla famiglia, una esistenza libera e dignitosa.

Voi, invece, avete stabilito questa contrapposizione rispetto a misure indispensabili come quelle che faticosamente – lo dico anche ai colleghi di Azione e di Italia Viva – nel 2017, con l’approfondimento che facemmo con il reddito di inclusione (REI), decidemmo di introdurre. Si trattava di una misura universale per contrastare la povertà e per non lasciare le persone povere nella solitudine, perché allora, insieme alla Grecia, eravamo l’unico Paese in Europa senza misure universali per la povertà; infatti, abbiamo progettato e fatto il REI.

Voi, invece, con questa operazione nel 2024 porterete l’Italia ad essere l’unico e l’ultimo Paese in Europa senza una misura universale per contrastare le povertà, perché l’assegno di inclusione che avete introdotto non è un elemento migliorativo del reddito di cittadinanza. Voi avete bisogno delle risorse destinate al reddito di cittadinanza per ridurre il costo del lavoro, questa è la realtà, ma trasformate la povertà in una questione di categorie. Non è così, vuol dire che non avete mai visto un povero, perché un povero non necessariamente ha figli disabili e non ha necessariamente più di sessant’anni; un povero, quando vive nel Comune, nel territorio nel quale abita, spesso non ha nessuna condizione di accedere al mondo del lavoro, dunque anche alla questione della genitorialità, perché ha problematiche che sono spesso di formazione e anche psicologiche; ha bisogno di una presa in carico, non di un bancomat, non di un assegno dall’alto. Ha bisogno della presa in carico, che voi negate perché non la rendete più universale e spostate l’attenzione dei servizi sociali, delle comunità, al di fuori delle misure utili per favorire un contrasto concreto alle povertà. La povertà vi disturba, la dovete negare, la dovete lasciare nella solitudine per ragioni di consenso, perché avete aperto una strada sbagliata che mette in contrapposizione la povertà con il lavoro. Cambiate strada e fatelo in fretta! Comunque troverete il Partito Democratico nel Paese a ricostruire la nostra dimensione popolare proprio attraverso queste questioni che non si esauriscono oggi in questo provvedimento sbagliato, che – lo ribadisco – rischia di spingere l’Italia fuori dalle dinamiche competitive dell’Europa proprio su questo terreno. Chi ci penserà nel 2024 a reintrodurre una misura universale? Noi vogliamo proporlo al Paese, perché con questo impianto culturale l’Italia sbanda e ai giovani e alle famiglie italiane non riuscirete a garantire maggiore sicurezza e maggiore competitività.

Dico questo con grande franchezza anche rispetto al tema del salario. Se oggi c’era una priorità in questo Paese, dove il 30 per cento dei dipendenti privati ha salari annuali inferiori a 12.000 euro, dove il tasso di disoccupazione tocca il 22,3 per cento tra i giovani, dove circa il 12 per cento dei lavoratori è in condizioni di povertà, dove ci sono 3 milioni di lavoratori interamente irregolari, era offrire misure per trasformare la lotta alla precarietà, indispensabile in questo Paese, come elemento fondamentale per ridurre le disuguaglianze e costruire competitività economica. Voi fate il contrario: voi rinunciate ad affrontare il problema dei salari o lo fate semestralmente per ragioni di consenso e ampliate le forme di precarietà, perché sbagliate completamente l’impianto. Lo dico anche alle imprese: non è interesse di un imprenditore che investe sul futuro di questo Paese avere nella precarietà un elemento di competitività; l’impresa ha nella qualità del lavoro l’elemento di competitività per generare futuro e crescita economica. Il vostro modello è sbagliato, siete fuori strada, perché noi abbiamo una gigantesca questione salariale di fronte a noi e una gigantesca bolla di precarietà da contrastare.

A me sarebbe piaciuto che questo Governo fosse venuto in quest’Aula anche prima, senza aver bisogno, signor Ministro, di un incidente per il fatto di non avere la maggioranza per i profili finanziari del provvedimento. Questo perché la flessibilità che c’è nel mondo del lavoro ha bisogno di più diritti, non di meno diritti, e avremmo discusso su come aumentare gli elementi di garanzia e di flessibilità. C’è un problema di costo del lavoro, dunque c’è un problema di salario congruo alla dignità del lavoro e che dobbiamo introdurre in questo Paese, senza il quale cresce la precarietà e non cresce la qualità della buona occupazione.

Insomma, avete mostrato di non avere un’idea per il futuro dello sviluppo economico e sociale di questa comunità. Voi privilegiate l’individuo che ce la fa da solo e pensate di costruire crescita lasciando gli altri nella povertà, solitudine e indifferenza di questo Paese. Noi non ve lo consentiremo, perché andremo nel nostro Paese a costruire questa battaglia con i cittadini italiani, per costruire l’alternativa a questa destra.

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